sabato 22 dicembre 2007

Quinta intervista 19.12.2007 GUIDO

Guido inizia raccontandomi che è il più giovane di 12 figli, mi parla della sua famiglia così numerosa, troppo numerosa e poi mi fa un quadro generale del periodo storico di cui stiamo parlando. Mi dice che mancava il pane sulla tavola che prima che mettessero la tessera annonaria.

Il primo episodio che mi racconta è quello delle bombe in via Trento, come quasi tutti i giorni c’è stato un preallarme, c’è chi aveva paura e chi meno, e quello era proprio il suo caso. Il cessato allarme non c’era stato ma metà della gente era uscita. Dopo che le bombe sono scoppiate ricorda grida di terrore, gente che scappava, 6 morti è il triste bilancio, fra cui una sua coetanea decapitata da una scheggia, Guido ha cercato quella scheggia e tutt’oggi la conserva.

La sua era una famiglia di contadini, di mezzadri. Un giorno era in campagna da solo “ero abbastanza stremì…”, era abbastanza impaurito perché stavano passando i bombardieri, lì vicino c’era la contraerea tedesca mimetizzata e le trincee in cui stavano i soldati, uno di questi soldati è salito dalla trincea, ha preso Guido e l’ha portato con sé al riparo e gli ha fatto sparare all’aereo con la mitragliatrice, un ricordo bellissimo.

Un altro episodi invece successo di notte, un camion tedesco cercava riapro sotto il grande albero fuori da casa di Guido, era carico di tantissime armi. I militari erano in quattro più il comandante, ad un certo punto se ne vanno, ma lasciano lì sotto l’albero un po’ di queste armi, Guido e un suo amico le prendono e le nascondono in casa. Dopo un po’ i militari tornano e si fermano questa volta in un piazzale a 200 metri da casa di Guido, che li ha seguiti, qui prendono dei rotoli, circa 5 rotoli, di banconote, le Lire e li bruciano, hanno abbandonato altre armi e poi si sono diretti verso Bolzano (quindi a nord).

Guido poi mi dice che la cosa che più gli è dispiaciuta è di aver perso due anni di scuola, perché solo dopo si capisce il valore di queste cose. Riflette un po’ di questo e mi parla dei ragazzi di oggi, di come li vede lui.Poi mi racconta come fosse difficile al tempo bombardare il ponte dei Vodi e che il Pippo passava praticamente tutte le notti, era un aereo anonimo, non risapeva e non si capiva da dove partiva anche perché era un aereo abbastanza piccolo ma disseminava il terrore.

Mi racconta di uno dei suoi fratelli che è riuscito a non andare militare e che ha vissuto per tutta la durata del conflitto nascondendosi, mi racconta anche del modo di vivere del tempo, del rapporto fra marito e moglie.
La guerra è cattiva ma alla fine ti insegna a crescere.
Anche lui accenna al bombardamento in campagna di cui mi hanno parlato Maria e Carmela, l’unica protezione che avevano dalle bombe erano le preghiere che le sue tre sorelle continuavano a ripetere.
Nel febbraio del 1945 i militari tedeschi avevano requisito un treno pieno di grano e visto che avevano instaurato un certo tipo di rapporto con loro, un rapporto di amicizia. Una meravigliosa mattina di febbraio, come l’ha definita Guido questi militari hanno portato del grano alla famiglia di Guido, hanno fatto firmare un buono per rendere ufficiale la fornitura, era tantissimo tempo che non si vedeva del grano per fare il pane.
Della settimana della liberazione definita “el rebalton” (il caos), nessuno capiva più niente, ricorda in particolare gli americani che distribuivano le gallette. I militari americani erano delle figure completamente diverse dai militari tedeschi, non sembravano quasi soldati.

Un altro episodio che mi racconta Guido è che un giorno era in campagna, inizia a piovere e decidono di tornare a casa. Le sue sorelle vanno a piedi e lui con il carro, quando era sul ponte sono arrivati i bombardieri, l’allarme non l’aveva sentito, probabilmente perché era troppo lontano. Il bue si è spaventato e Guido è finito sotto le ruote del carro con le gambe, per fortuna dietro a lui c’era un contadino a cavallo che l’ha portato a casa. Poi l’hanno portato in ospedale, ma tutti erano nascosti in cantina per il bombardamento, finché un medico ha visto Guido e l’ha visitato, la gamba era rotta perciò ha dovuto mettergli il gesso da solo.

Guido si ricorda anche che lui e i suoi amici raccoglievano le schegge delle bombe e le portavano al raccoglitore di ferro che li pagava. L’ultimo episodio che mi racconta riguarda un fatto tragico, un giorno avevano marinato la scuola e avevano deciso di far scoppiare delle bombe a mano. Hanno acceso un fuoco e si sono messi attorno e vi hanno gettato le bombe. Uno dei ragazzi è morto, Guido commenta questo fatto e mi parla della loro incoscienza.Mi propone ancora alcune riflessioni storiche e politiche, sul periodo in questione e sul presente.

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